Un paese civile moderno non può non farsi carico di curare anche i suoi membri più deboli e lasciare loro la sensazione di essere abbandonati.
Negli Stati Uniti alla fine degli anni ’70 si è sviluppato un forte movimento di opinione, che voleva mettere al centro dell’attenzione dell’autorità e dell’opinione pubblica il problema dei così detti farmaci orfani e quindi la terapia delle malattie rare.
Questo termine era stato coniato da T.H. Althius; il farmaco Orfano è quel prodotto che potenzialmente è utile per trattare una malattia, ma non ha un mercato sufficiente a ripagare le spese del suo sviluppo, rimane perciò senza sponsor, ORFANO appunto.

Il problema legislativo nazionale: i farmaci orfani

In Italia la politica per lo sviluppo della ricerca scientifica è carente. Il D.L. n. 124 del 29 aprile 1998 decreta l’istituzione della rete e dell’esenzione delle malattie rare e promuove un’indagine conoscitiva dei Registri/Reclutamenti di malattie rare già esistenti a livello locale, regionale, interregionale e nazionale.

Rispetto alla peculiarità dei problemi connessi a tali patologie si prevede un’azione di coordinamento delle diverse iniziative in atto promuovendo quelle volte a garantire: diagnosi appropriata e tempestiva; facilitazioni dell’accesso a centri specialistici per programmi terapeutici; attività di prevenzione; sostegno alla ricerca scientifica, con particolare riferimento allo sviluppo di nuove terapie. Attualmente nel nostro paese non c’è una legislazione organica per le malattie rare e soprattutto una specifica per i farmaci orfani.

L’industria produttrice di farmaci in Italia dedica in media 8-12% del fatturato alle spese di ricerca complessiva. Considerando che le spese di ricerca e sviluppo per le malattie rare ammontino a circa 50 milioni di dollari spesi in dieci anni, 700 milioni di dollari investiti complessivamente dalle ditte farmaceutiche italiane per la ricerca nel 1987 sarebbero stati teoricamente sufficienti ad assicurare lo sviluppo di 14 farmaci con caratteristiche fortemente innovative nello stesso anno. Nel complesso delle aziende farmaceutiche italiane esiste un notevole patrimonio culturale e tecnologico, eppure nessuno potrebbe sostenere che negli ultimi 10 anni siano stati messi a punto in Italia 140 farmaci con caratteristiche fortemente innovative, ma neanche 111 o 47.

In verità non è più pensabile che si possa risolvere il problema a livello nazionale, ma occorre pensare ad una legge unica per la C.E. Nel 1993 a Londra fu fondato EMEA (agenzia europea per la valutazione dei prodotti medici). Nel 1995 entrò in vigore un nuovo sistema europeo per l’autorizzazione della registrazione dei medicinali. La necessità di una legge europea riguarda non solo il campo dello sviluppo e della ricerca, ma anche quello dell’informazione e della distribuzione dei costi.

Un farmaco costa oggi 250-500 mila dollari e in media dalla scoperta di un principio attivo alla sua commercializzazione possono passare da 10 a 14 anni. Quando viene messo in commercio, l’obiettivo è quello di recuperare le spese e quindi rendere molto e per molto tempo, ma per definizione gli acquirenti saranno pochi (farmaci orfani per patologie orfane o rare e/o per popolazioni con limitate risorse economiche). Molti ricercatori si occupano poco volentieri di malattie rare perché ci sono scarse probabilità di finanziamento e le cure rimangono allo stato embrionario. Nonostante siano rare, sono almeno 5.000 e costituiscono quindi un grosso peso per la Comunità Europea e un grosso gruppo di consumatori delle risorse della salute; ecco perché il loro trattamento può essere un buon investimento per la collettività.

Nell’ambito delle attività previste dalla “Ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni” operata con il Decreto legislativo n.124 del 29 aprile 1998, il Consiglio Superiore di Sanità ha approvato uno schema di regolamento relativo alla “Istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie”.

Con il Decreto Legislativo del 18 maggio 2001, n. 279, il Ministero della Sanità adotta il “Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione alla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124”:

Art. 5. (esenzione della partecipazione in relazione a particolari condizioni di malattia). – 1. Con distinti Regolamenti del Ministero della sanità da emanarsi ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n.400, sono individuate rispettivamente: a) le condizione di malattie croniche o invalidanti; b) le malattie rare. le condizioni e malattie di cui alle lettere a) e b) danno diritto all’esenzione dalla partecipazione per le prestazioni di assistenza sanitaria indicate da medesimi regolamenti. Nell’individuare le condizioni di malattia, il ministro della sanità tiene conto della gravità clinica, del grado di invalidità, nonché della onerosità della quota di partecipazione derivante dal costo del relativo trattamento.

Il suddetto Regolamento è teso a (art. 1):

  • disciplinare “le modalità di esenzione dalla partecipazione al costo delle malattie rare per le correlate prestazioni di assistenza sanitaria incluse nei livelli essenziali di assistenza”, considerando ciascuna condizione morbosa e relative complicanze, le prestazioni di elevata frequenza, ed escludendo dall’esenzione le prestazioni caratterizzanti il percorso diagnostico di patologie esenti ad eccezione delle malattie rare;
  • individuare “specifiche forme di tutela per i soggetti affetti”, sottolineando la necessità di garantire la disponibilità dei farmaci orfani e l’erogazione delle prestazioni assistenziali.

Per raggiungere gli scopi sopraindicati il Regolamento prevede l’istituzione di una Rete Nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare (art. 2): tale Rete sarà costituita da presidi accreditati (preferibilmente ospedalieri) segnalati dalle regioni, tra cui il Ministro della sanità individuerà i Centri Interregionali di riferimento per le malattie rare. Sorveglianza e monitoraggio delle malattie rare sono compiti dei Centri interregionali di riferimento (art. 2), le informazioni e la documentazione da essi raccolta verranno centralizzate nel Registro Nazionale delle Malattie Rare istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità (art. 3) (http://www.malattierare.iss.it), al fine di consentire una programmazione nazionale e regionale degli interventi, e regolamentando lo scambio ed il trasferimento di dati sensibili nel pieno rispetto delle leggi sulla privacy (art. 5).

Ai fini del riconoscimento del diritto all’esenzione il regolamento individua 284 codici di esenzione riferibili a malattie e/o gruppi di malattie, afferenti a 47 categorie di malattie (art. 4, allegato 1): per i soggetti riconosciuti affetti si prevede l’esenzione, presso i presidi della rete, per prestazioni, prescrivibili secondo criteri di efficacia ed appropriatezza (art. 7), riguardanti accertamento, trattamento ivi compresi i farmaci specifici, monitoraggio e prevenzione delle complicanze, per le malattie rare individuate dal regolamento stesso (art. 6).

Il problema legislativo internazionale dei farmaci orfani

Nel 1983 il parlamento americano approvò l’Orphan Drug Act, la prima legge in materia che aveva lo scopo di incentivare in vario modo la ricerca e lo sviluppo dei farmaci orfani.

I punti fondamentali di questa legge sono:

  1. la definizione epidemiologica di malattia rara come condizione che colpisce meno di 200.000 americani
  2. il market exclusivity, cioè il privilegio esclusivo di poter sfruttare il prodotto per sette anni senza competitività né per lo stesso farmaco orfano né per lo stesso uso orfano
  3. la Tax – credit ossia de-tassazione del 50% sui trial clinici umani
  4. la messa a disposizione di aiuti economici da parte di fonti governative per la realizzazione di studi clinici
  5. la ri-regolamentazione delle procedure di immissione in commercio e soprattutto la loro velocizzazione, senza peraltro venir meno delle garanzie di sicurezza del farmaco.

La legge oltre ad essere un successo scientifico, fu un successo economico. Infatti, per 17 anni precedenti a questa legge le industrie sponsorizzarono 34 farmaci, di cui 24 erano farmaci orfani sperimentali.

In sette anni di legge, di 42 farmaci sponsorizzati 39 erano farmaci orfani sperimentali.

Dal 1983 a adesso sono stati designati più di 900 farmaci e prodotti biologici come farmaci orfani, 743 saranno presto attivi e 182 hanno completato l’iter ricevendo l’approvazione della Food and Drug Administration.

Sorprendentemente, non sono state le grosse industrie americane a studiare e a produrre farmaci orfani, ma molte piccole e piccolissime imprese che si sono addirittura specializzate nella produzione di questi prodotti. L’interesse attorno ai farmaci orfani ha aperto un nuovo paradigma, quello dell’evidenza che nicchie di mercato possano, non solo essere d’interesse per l’industria, ma addirittura un elemento di strategia sul quale fondare i propri piani di sviluppo.

Nel 1993 il Giappone modifica il Pharmaceutical Affairs Law nel senso dell’Orphan Drug Act.

Dopo la legge giapponese, in Australia fu varato un nuovo programma per lo sviluppo dei farmaci orfani seguito da Food and Drug Administration. L’Orphan Drug Act servì da modello per gli altri stati: nonostante l’indiscusso contributo, la legge americana presenta numerose contraddizioni tanto che nel 1994 venne revisionata. La controversia sulla legge riguardava soprattutto due punti:

  • market exclusivity
  • disincentivazioni

Grazie all’esclusività del mercato per sette anni, l’impresa in questione aveva il completo monopolio sul farmaco, aumentando il suo profitto a scapito del prodotto. Con la revisione del 1994 l’esclusività di mercato fu portata a tre anni con la possibilità, fino ad allora esclusa, che due imprese potessero studiare sullo stesso farmaco. Le disincentivazioni erano costituite principalmente da:

  1. il piccolo mercato, che portava a spese di ritorno d’investimento minori rispetto ai costi d’investimento. Questo problema poteva essere risolto sfruttando il potenziale di alcuni farmaci di poter anche essere usati in malattie comuni.
  2. Un buco nei prodotti brevettati, alcuni dei quali, anche molto conosciuti, hanno fatto cadere il fatturato totale dal 39% al 29% (1960-1970).
  3. La responsabilità del prodotto. Maggiore è il rischio di effetti collaterali per farmaci orfani.